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Se tutti ci amassimo come fratelli!

Gioacchino e Piero 

di

Pippo Musso

Gioacchino, il più anziano dei miei fratelli, ha appena compiuto 83 anni e con la scusa di festeggiare il suo compleanno insieme a una parte dei suoi figli, mi ha fatto una bella sorpresa: dopo tanti anni che non ci vedevamo mi è venuto a trovare qui in struttura. Non me lo aspettavo proprio e per tutti e due è stata una grande emozione: anche lui è sofferente e non può camminare per via del diabete che gli procura delle piaghe sotto la pianta dei piedi che gli rendono molto faticoso lo stare in piedi.

Gioacchino per tutti noi fratelli è sempre stato come un secondo padre perché l’abbiamo sempre visto come il più grande  e la persona con cui potersi confidare, grazie al suo bel carattere affettuoso.

L’incontro è stato molto emozionante. Mentre mi abbracciava, mi guardava negli occhi e mi confortava con belle parole ripetendo tante volte “Non temere, non temere, o fratuzzu, vedrai che guarirai, vedrai che guarirai!”.  Le sue  parole dette con così tanta semplicità e amore nel cuore, mi hanno emozionato molto e  mentalmente gli rispondevo: “Ma no, caro fratello, ti ringrazio per quello che dici, ma evidentemente non  sai che cos’è questa malattia! Una volta entrati nella SLA, è molto ma molto difficile poterne uscire…”. E gli volevo anche dire “Ma tu come sei conciato, che non puoi nemmeno camminare! E con le pene che hai vuoi dare forza  a me che oramai mi sono abituato a lei e non ho più paura! Sei proprio da ammirare, caro fratello Gioacchino, per ciò che fai per cercare di sollevarmi l’animo con le tue benedette parole!”

Gioacchino è padre di dodici figli! Sì, signori lettori, avete inteso bene, dodici figli.
Pur avendo una famiglia così grande, quando gli è venuta a mancare precocemente la moglie, non si è più voluto risposare per non dare ulteriori sofferenze ai figli, anche se la presenza di una madre sarebbe stata essenziale soprattutto per  occuparsi  della casa e dell’accudimento di tutte quelle povere piccole creature da far crescere. Quanta tenerezza ho provato nel  vederli cosi indifesi stare accanto a  mia madre  dalla mattina alla sera, mentre mio fratello dopo il suo lavoro ne faceva altro extra per far fronte al fabbisogno famigliare!

Sono passati tanti anni da allora e oggi i miei cari nipoti sono grandi e sposati. Sono cresciuti senza la presenza e l’amore della loro mamma, soli soli, abbandonati dal mondo come  foglie  di un albero che un  soffio di vento improvviso ha strappate con rabbia dai rami  della propria pianta-madre.

Piero era l’altro mio fratello. “Era” e sottolineo “era”, perché anche lui ci ha preceduto nella casa del  Signore e sicuramente ci sta a guardare.

Piero era di un carattere piuttosto deciso e forte: non gli piacevano le cose storte  e diceva   sempre in faccia tutto quello che non  gli andava a genio e dopo averlo detto la piantava e diventava mansueto. Non per  questo  si sentiva  superiore agli  altri fratelli, tutt’altro, perché  Piero  come Mario e mio padre Totò avevano questo carattere  piuttosto forte e  deciso, ma nello stesso tempo erano molto sensibili.

Ricordo che un giorno mi telefonò e sentii che era un po’ abbattuto, aveva una voce strana come se mi volesse confessare qualcosa di insolito. “ Cosa c’è Piero, è tutto a posto?” gli chiesi. E lui  lasciandosi andare ad un pianto liberatorio, mi disse: “Ma quale bene e bene, caro fratello! Ho appena comprato la macchina nuova e sono mesi che è giù in cortile. Non ho ancora fatto fare un giro a mia moglie perché  tutti i santi giorni ce ne ho sempre una!

Che pena, che pena mi ha fatto quella volta sentirlo parlare cosi.

Non lo aveva mai fatto e io cercavo le parole  giuste per confortarlo, sapendo che solo pochi mesi dopo Piero avrebbe lasciato ogni cosa terrena. Chiuse gli occhi e come una bianca Colomba è volato per sempre nell’alto dei cieli.

 

L’amore è capace di tutto, al punto che a volte fa dimenticare persino di avere la SLA.