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Come è difficile capire i bisogni di chi ha la SLA

di Claudio A.F. Messa

 

Siccome non posso parlare con la mia voce e poiché sono anche tetraplegico e per farmi capire non posso neanche gesticolare, capita che quando gli altri non capiscono di cosa ho bisogno mi arrabbio!

Il pc e la tabella sono strumenti importantissimi che amo e senza i quali sarei perduto: strumenti che uso normalmente per comunicare. Ma, se devo usarli per farmi capire quando per esempio ho una difficoltà fisica, mi dà molto fastidio perché mi sento incompreso, umiliato dentro i miei limiti.

Una persona affetta da SLA perde facoltà essenziali come la possibilità di muoversi, camminare, afferrare, lasciare, avvicinarsi, allontanarsi, parlare…: tutte quelle capacità che costruiscono l’autonomia di ogni persona fin da piccoli. Quindi perdere l’autonomia è sconvolgente e vuol dire riprogettarsi daccapo, trovare altre forme di “stare in piedi” e “muoversi” e il disagio del corpo è così evidente che si dà per scontato che dall’esterno si debba capire per forza di cosa si ha bisogno, come se il corpo avesse la voce.

Per questo, forse, ci si arrabbia, si diventa molto esigenti e si pretende la massima attenzione: semplicemente perché si è indifesi e completamente affidati alle cure di un altro.

Ecco perché faccio la differenza fra il piacere di comunicare attraverso i miei strumenti culturali, “evoluti”, e la rabbia di non comunicare attraverso il linguaggio del corpo.

Comunque, penso che nella società di oggi sia molto difficile capire ed “entrare nel tempo” di chi ha la SLA, perché vorrebbe significare darsi dei limiti  e cambiare i propri modi, i ritmi, gli automatismi, la facile tentazione a fare in fretta, essere efficienti, correre correre correre…  e a privilegiare altri valori: l’attenzione, la sosta, la comprensione, gli sguardi, la pazienza, insomma, il lato umano della vita.

Si può provare a correggere le proprie abitudini e a sperimentare nuovi punti di vista, rinunciando ad “andare a memoria”? Sì. Ad esempio, stare accanto a una persona come Claudio permette di fare un’esperienza straordinaria:
non si può né essere, né fare come si è abituati. Bisogna essere bravi come lui a ri-progettarsi, a cambiare ritmo e linguaggio e, così, incontrarsi: è una tra le emozioni più forti e illuminanti che si possano vivere.