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Il clochard

 di

Pippo Musso

 

Sembrava di stare in Russia quel mattino d’inverno, il gelo della notte aveva trasformato la strada in una lastra di ghiaccio. Le poche persone che passavano a quell’ora presto del mattino erano coperte fino ai denti per non sentire il freddo trapanargli le ossa.

Io e la mia squadra  eravamo già sul posto di lavoro pronti per iniziare ad asfaltare un rappezzo di strada, mentre a pochi metri da noi una panchina dei giardinetti di Milano Lambrate ospitava  il sonno di un povero clochard che nonostante il gelo era vestito di stracci e avvolto da qualche sacco nero della spazzatura, che gli faceva da apparente riparo dalla notte gelida.

Sdraiato sulla panchina dormiva ancora e io pensavo “ Povero Cristo, chissà quanto freddo deve sentire su quella gelida panchina di questo piccolo giardinetto di Lambrate!” e mi domandavo cosa avrei potuto offrirgli di caldo. Inizio il mio lavoro stradale, ma anche se mi allontanavo non lo perdevo mai d’occhio. A quel povero disgraziato, cascasse il mondo, dovevo offrire almeno la  colazione, anche se sembrava non ne volesse sapere di svegliarsi, neppure con le cannonate: stava lì tranquillamente a riposare nonostante il rumore dei macchinari dei lavori stradali.

Ad un certo punto ho sentito arrivare a sirene spiegate  la croce rossa, la polizia e i carabinieri e li ho visti fermarsi proprio alla panchina di quel povero clochard!
Dalla confusione creata dai curiosi che correvano verso la panchina, ho capito quello che poteva essere  capitato: era morto di freddo.

Che pena mi ha fatto vederlo portar via cosi e pensarlo magari anche dimenticato dalla famiglia. Sì, proprio da quella famiglia che una volta sicuramente aveva vicino.

Ma un giorno si è ritrovato solo solo, come un cane abbandonato dal suo padrone.

 

Se viviamo dentro la realtà, liberi dall’indifferenza, ci incontriamo con le storie degli altri. E la nostra vita si arricchisce di esperienze su cui riflettere.